Aticolo sul cleopatra e la carmen del sferisterio "seduzione" 2008
Cleopatra su, Carmen giù
di Walter Baldasso
L’inserimento nel contesto dello “Sferisterio Opera Festival 2008” dell’opera “Cleopatra” del maceratese Lauro Rossi e nel teatro a lui dedicato, è occasione per conoscere il compositore vissuto nel periodo di Verdi e, soprattutto, la sua musica. Il lavoro si rivela muscoloso, con l’eccesso aggressivo dell’esecuzione musicale e vocale, per la partitura da Grand-Opéra d’uso in quel tempo (sono introdotte anche le danze, pur nell’assolo della brava Anbeta Toromani, per le coreografie di Gheorghe Iancu), dettato anche dalla lettura del direttore David Crescenzi, peraltro arrivato alle prove soltanto a pochi giorni dal debutto dell’opera. Si denota subito la leggerezza, anzi raffinatezza ed eleganza, di regia, scene e costumi dello stesso direttore artistico del Festival Pier Luigi Pizzi. L’allestimento presenta una struttura lineare scevra da orpelli, tra colonne e scalinate nelle tinte bianco-nere, compresi i costumi con accessori dorati. Nella seconda parte subentra con più evidenza il colore rosso, soprattutto di Ottavia, dall’ampio mantello con strascico, mentre Cleopatra rimane sempre in nero. La passione tra la Regina e Marco Antonio è evidenziata da sguardi, abbracci e ripetuti baci, mente più contenuto, ma tonificato da dolci espressività, risulta il successivo rapporto tra Antonio e Ottavia.
Posizioni, movimenti e gestualità sono di una classicità e gusto unici compresa la passerella finale dei protagonisti coro e comparse, tra consensi per tutti e con Pier Luigi Pizzi giustamente osannato. La parte musicale è inizialmente genuina, ritmata, quasi timida e operettistica, per progredire gradualmente di atto in atto, proponendo arie ora delicate, ora di forte intensità e impennate improbe nella tessitura acuta e, ancora, duetti, terzetti e concertati di inaspettato trasporto e vigore. Protagonista è Dimitra Theodossiou, dal bel colore di una voce intensa che riesce a piegare in piani dolcissimi (anche supina) e a far salire in difficoltosi acuti. Il Marco Antonio di Alessandro Liberatore ha timbro simpatico e lirico, mentre l’Ottavia di Tiziana Carraro brilla per una linea di canto calda ed espressiva. Sonora e potente risulta l’interpretazione sia di Sebastian Catana in Diomede sia di Paolo Pecchioli in Ottavio. Completano il cast gli ottimi William Corrò in Proculejo, Paola Gardina in Carmiana e Giacomo Medici nello schiavo. In ottima forma è il coro, applaudito con affetto alla fine dello spettacolo, unitamente a tutti gli interpreti e con particolare intensità per Pier Luigi Pizzi.
Incuriosisce l’atteso allestimento di “Carmen” di Bizet firmato da Dante Ferretti, altro maceratese. Il risultato è che, proprio lui, vincitore di due Premi Oscar cinematografici per la scenografia, presenta uno spettacolo che più spoglio non si può. Ambientata l’azione scenica negli anni ’30, ne è risultata un’opera grigia come colore ambientale, neorealista nella visione registica e con i protagonisti, coro e comparse che vivono la storia di seduzione, amore e morte con naturale verismo, dalle talmente accurate gestualità ed espressività da farle apparire spontanee. Il palcoscenico dello Sferisterio, con sospese tre vele, si rivela suggestivo proprio nella sua essenzialità, con soltanto qualche apparato che, di atto in atto, scompare, fino ad apparire con unicamente tre manifesti inneggianti la corrida. L’animazione iniziale ben congegnata con un furgone e qualche imballaggio, panchine, fontanella praticabile, barriera divisoria e un andare e venire di biciclette, carrozzelle con neonati, bimbi intenti in innocenti giochi e quant’altro, tocca il culmine con il vivace diverbio delle sigaraie, bloccato a fatica dai dragoni, con ogni avvio d’atto che offre un emblematico quadretto per identificare la scena. Forse troppo belli risultano i costumi nel balletto tra tanghi ora leggeri, ora frenetici, con ancora Anbeta Toromani, i bravi ballerini e il Corpo di ballo “Fabula Saltica”, per le coreografie di Iancu, nella taverna di Lillas Pastia, con sul fondo due prostitue sotto un lampione ad aspettare clienti.
Noiosa si rivela l’atto in montagna e ci si aspettava una sfilata più ricca nel finale. Alle intelligenti e curiose idee registiche, risponde un equilibrio vocale medio alto, cui s’associa anche la direzione d’orchestra di Carlo Montanaro e il coro, mancando, forse, l’energia che dovrebbe vivificare l’opera. Comunque si riconosce l’accattivante verve della Carmen di Nino Surguladze, la liricità francese del Don José di Philippe Do, la squisita linea di canto della Micaela di Irina Lungu, il perentorio Escamillo di Simone Alberghini, le brave e svettanti Frasquita di Alexandra Zabala e Mercédèes di Paola Gardina, i coloriti Le Dancaire di Francis Dudziak e Le Remendado di Emanuele D’Aguanno, fino agli appuntiti Zuniga di Nicolas Courjal e Moralès di Gezim Mischketa. I calorosi applausi del pubblico uniscono, al termine dello spettacolo, interpreti e responsabili di una “Carmen” più signorile che accesa.
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PE - Teatro / La “Carmen” economica di Dante Ferretti
Teatro / La “Carmen” economica di Dante Ferretti
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Roma, 28 lug (Velino) - La povertà – dicevano le nostre nonne – aguzza l’ingegno. Lo dovrebbero ripetere, a mo’ di giaculatoria, molti registi e scenografi, soprattutto di teatro d’opera. Uno dei maggiori scenografi italiani, Dante Ferretti, pluripremiato con Oscar, uso a lavorare con Pasolini (piuttosto parco nei propri allestimenti), Fellini (niente affatto economo), Annaud, Scorsese e Burton (noti per non badare a spese), riceve l’incarico di curare scene e regia di uno degli spettacoli più attesi dello “Sferisterio Festival” di Macerata. Un festival imperniato sul tema della seduzione. Si sarebbe pensato a uno spettacolone colossal, come stimola il vastissimo palcoscenico dell’arena. E come richiede un pubblico che viene non solo dalle spiagge marchigiane ma anche dalle terre verdine, dalla Toscana, da Roma e dalla Germania come testimoniano i pullman che stazionano nei viali prossimi allo Sferisterio. Invece, a cartellone fatto e a progetto in fase di messa a punto, ci si accorge che, tra un taglio e l’altro di finanziamenti pubblici e privati, le risorse finanziarie scarseggiano. Bamboli, non c’è una lira! Quindi, o annullare o rimodulare. Si sarebbe potuto riesumare un allestimento (dei tanti che si trovano nei depositi di Macerata) o noleggiarne uno dai numerosi teatri all’aperto.
Ferretti, invece, presenta una “Carmen” originalissima. La scena è naturale, anzi nature: l’enorme muro dello Sferisterio sovrastato dai campanili e dalle terrazze della città. Essenziale l’attrezzeria scenica: molte biciclette, panchine, una fontana con vera acqua sorgiva, una camionetta Fiat reduce da uno scontro o da qualche altro incidente. Curatissimi i costumi di Pier Luigi Pizzi. L’azione è spostata dalla seconda metà dell’Ottocento a imprecisati anni Trenta. Al posto dei dragoni, quindi, c’è la guardia nazionale. La taverna di Lilas Pastìa è una smisurata sala da ballo dove una borghesia macera danza il tango. Il flamenco è riservato a Carmen (“liberté, liberté”). E il passo montano? Ancora una volta il muro nudo dello Sferisterio si trasforma (con pochi affissi pubblicitari) nella piazza antistante l’arena per le corride di Siviglia. Lo spettacolo funziona alla perfezione (se si eccettua la direzione d’orchestra) grazie all’accento sulla recitazione da parte di un gruppo di giovani e abilissimi cantanti-attori e sui movimenti delle masse. Si replica sino al 12 agosto, ma merita di essere riportato in scena l’anno prossimo.
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