Scritto da: nutella bric 21/06/2004 14.33
Vi dico la verità: non avevo voglia di scrivere niente del saggio. O meglio: avevo voglia di scrivere, scrivere, scrivere per sfogarmi e per riordinare le idee … e tenere tutto per me. È stato strano: non era solo “il saggio” questa volta, non si trattava solo di ballare o cantare. Avevo dato a questo spettacolo qualche altro significato, avevo delle speranze che andavano al di là di quello che dovevo fare. Speravo di rivivere una cosa “magica” che era successa mesi fa. Invece niente, anzi: ho solo avuto un’ulteriore prova che la magia non c’è più.
Da dove comincio? … prima vi dico una cosa.
Dopo ogni spettacolo un po’ particolare, più importante, o più difficile degli altri, ho un mio piccolo rito: non torno a casa subito, per quanto mi possa sentire stanca. Di solito si va a mangiare un boccone in compagnia, ma se non capita, mi invento qualsiasi cosa, anche a costo di girare in macchina da sola, pur di non andare subito a casa. Poi arrivo, mi faccio una doccia e finalmente vado a dormire. Quando arrivo, sono talmente sfinita, sia fisicamente che mentalmente, che non ho la forza né la voglia di mettermi ad analizzare la serata ed evito tutti i pensieri tipo “in quel punto ero in anticipo, ho sbagliato il giro, lì ero calante, là ho cantato di gola, quella parte potevo farla meglio, in quel punto potevo essere più disinvolta, ho sbagliato io, ha sbagliato quella che mi stava davanti…” . In questo modo, quando appoggio la testa sul cuscino e chiudo gli occhi, quello che mi arriva, sono solo le sensazioni pure e semplici che mi ha lasciato la serata: emozioni vere e proprie, senza tecnica, senza razionalità, senza condizionamenti, senza seghe mentali. È difficile da capire, ma a volte è meraviglioso: chiudi gli occhi, ti rilassi… e invece che pace, riposo e tranquillità ti arriva un onda gigantesca di sensazioni che ti fanno sorridere, ti fanno riaprire gli occhi e abbracciare il cuscino e cominci a rivivere i momenti più emozionanti: l’ansia di cambiare costume in pochi secondi, un ”in bocca al lupo” di un compagno, un abbraccio, un applauso che è partito quando non te l’aspettavi, uno sguardo particolarmente significativo, la sensazione di essere “al tuo posto”, la magia che provi quando canti o balli e pensi che solo tu fai QUELLA COSA in QUEL MODO … magari gli altri la fanno meglio, però in quel momento sei TU lì, non gli altri.
La sensazione che ho provato quando sono andata a dormire la notte del saggio è stata triste. Mi sentivo il cuore pesante e un nodo in gola. I bei ricordi arrivavano, ma erano lontani, sbiaditi.
Quello che mi arrivava forte e chiaro era il ricordo di un urlo dietro le quinte, un “DOVE VAI???!!! … MA PORCA VACCA…” che mi è arrivato in faccia più dritto di una sberla. E poi due mani appoggiate leggermente sulle mie spalle (ma perché? cos’è? che bisogno c’è? Gli pesano le unghie o mi sta chiedendo scusa? ). E poi io: ho una gran voglia di piangere che mi chiude la gola. E faccio una fatica boia a non tremare mentre aspetto di uscire per il saluto, perché ho quelle due mani sulle spalle, appoggiate tanto lievemente, ma non abbastanza per non sentire … e allora trattengo il respiro, perché se respiro mi viene da singhiozzare... e quelle mani potrebbero sentirlo. No no… mica sono una bambinetta che si può mettere a piangere, piuttosto mi pianto le unghie nei palmi, piuttosto mi scortico le mani!
E poi arriva il buio, si esce, si fa l’inchino e si ritorna dietro al sipario e si corre a cambiarsi per il gran finale. Proprio un gran bel finale… peccato che non riesca a ricordarmelo. Quando siamo andate a mangiare un panino dopo lo spettacolo, una mia amica ha detto: ”Mi sei piaciuta quando hai spostato, la sedia, l’hai scavalcata con un ronde de jambe e ti sei seduta…”.
Io ho risposto:” Chi? Io???, giuro che non me lo ricordo!”
Davvero non me lo ricordo.
ma si può? Insomma: è da una vita che sogno di fare almeno un pezzettino di un musical “come dico io”. Arriva l’occasione giusta, la canzone difficile che mi piace, il personaggio che mi piace di un musical che adoro. Lo studio, supero delle difficoltà non da poco (cavolo… l’ho messo su in tre giorni e praticamente DA SOLA!!! Anche questa ve la dovrei raccontare… ma merita un post a parte).
Cosa mi è rimasto di un sogno che si avvera? Qualche sensazione molto molto ovattata di quando ero sul palco
… e un “Brava” che lui mi ha detto alla fine, senza tanta convinzione. E io che rispondo “grazie” con meno entusiasmo di quando mi danno il resto al supermercato. E sapete cos’è successo mentre cantavo? È partito un applauso a scena aperta! (ma era per me, o perché in quel momento entravano gli altri per i saluti finali? BOH! Tanto l’ho sentito appena appena, come se venisse da chilometri di distanza. Non mi ricordo quanto è durato, se era forte o meno, se si è spento subito o è andato in crescendo… davvero, non me lo ricordo! Ma si può???).
… Brava… grazie.
Invece a Natale, tutta un’altra cosa. Mi ricordo lo stupore di fronte a quello che mi ha detto, ai complimenti che mi ha fatto. La sensazione meravigliosa di averlo “emozionato”, lui che parla di BRIVIDI!!! LUI!!! Quello che mi faceva sentire una formichina quando mi guardava (perchè LUI è troppo bello e troppo bravo, l’insegnante, il professionista… e io chi sono? L’allieva imbranata. Ops, no! Non sono solo l’allieva imbranata… sono quella che quando canta gli fa venire i brividi!!! IOOOOOOOOOOOO?!?!?!!?!!!!!!!! Sono quella a cui LUI fa domande sulla tecnica… sono quella a cui LUI confida “mi tocca andare sul palco preparato a fare una brutta figura e non mi piace lavorare così”. Sono quella che sta camminando con il SUO braccio intorno alla vita…).
Invece stavolta: URLACCIO, BRAVA, GRAZIE, CIAO!
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