L’Opera di Roma e le fate ignoranti
Da quasi due anni – cioè dalla partenza di Carla Fracci come direttrice – il Balletto del Teatro dell’Opera di Roma sembra preda di spiriti maligni, o almeno incompetenti, che hanno ridotto drasticamente quantità e qualità degli spettacoli.
Tutti agli ordini del celebre direttore d’orchestra, notoriamente dispotico e notoriamente nemico della danza. Il nuovo direttore del ballo, Micha vanHoecke, non ha per ora responsabilità precise. Ma il futuro è preoccupante. E infine, rapporti con la stampa ridotti a poco meno dizero: in mancanza di qualcuno che sia in grado di gestirle con un minimo di autorevolezza, le conferenze stampa per il balletto sono state semplicemente abolite, così che dei titoli in programmazione si sa poco o nulla. Prima che vadano in scena, nulla. Al momento dell’andata in scena poco e quel poco spesso impreciso,
quando non ridicolmente inesatto: si veda lo svarione nel quale
è incorso l’estensore dell’ “Argomento” del recente Schiaccianoci:
per chi legga il programma il balletto dovrebbe concludersi con
l’apparizione alla giovane protagonista, Clara, del padrino Drosselmeyer e del nipote di costui, nel quale ella riconosce l’amato Schiaccianoci. Niente di tutto ciò accade in scena: l’episodio
è stato tagliato. Sono trent’anni almeno che le fate lavorano nell’ombra – non solo a Roma: ovunque, nel resto d’Italia – per la cancellazione di quel che resta della tradizione italiana del balletto. Pare che siano ormai sul punto di farcela. A nulla è valso che per un decennio (2000-2010) una, apparentemente potente, Fata dei Lillà, sotto le spoglie di Carla Fracci, si sia adoperata con eccellenti risultati(e qualche, inevitabile, défaillance), per la rinascita di una compagnia che già vent’anni prima pareva spacciata. E’ bastato – caso unico fra le grandi capitali europee – il (presunto?) mancato gradimento di un preclaro servitore di Euterpe (la musa della musica, per chi non lo ricordasse) e, come già alla Scala diversi anni fa, la Fata dei Lillà ha dovuto far fagotto. Altro che lieto fine! Vai a fidarti delle favole....Ma proviamo a sbrogliare l’aggrovigliata matassa e torniamo all’indomani della doppia vittoria –alle elezioni politiche e a quelle amministrative per il Comune di Roma – del centrodestra: aprile 2008.Per Carla Fracci, alla guida della compagnia di balletto della capitale da otto stagioni, il destino pare segnato. La Fracci non ha mai nascosto le sue simpatie per la sinistra. Nonostante il prestigio internazionale, la competenza, l’esperienza incomparabile e gli ottimi risultati conseguiti, la doppia convivenza – con un governo e con un’amministrazione comunale contrari – appare impossibile. Invece, spiazzando tutti, il nuovo sindaco, Gianni Alemanno lì per lì accetta lo status quo. Lasciando completare alla Fracci un’annata eccezionale:
nel 2009 la compagnia romana, nonostante la crisi che già si fa sentire, realizza il “pareggio” con l’opera (diciotto
titoli d’opera e diciotto titoli di balletto in cartellone) con un totale di spettacoli che sfiora il record delle cento recite, e allestendo una stagione commemorativa del centenario dei Ballets Russes ineguagliata nel mondo: tredici titoli. segue>
ben resto innamoratosi dell’idea (già veltroniana) di fare di Riccardo Muti il nuovo Re di Roma affidandogli la direzione musicale dell’Opera, il sindaco – divenuto nel frattempo commissario straordinario del teatro – vira bruscamente. La stagione 2010 si è avviata nella più ampia incertezza: si è cominciato con l’annunciare, in febbraio, l’intenzione di congedare la Fracci “alla scadenza del contratto”. Poi Alemanno in persona ha affermato che la decisione sul futuro direttore del ballo era sospesa in attesa che il Maestro Muti firmasse l’agognato contratto. (Che cosa c’entrasse Muti nella scelta del direttore del ballo, Alemanno però non l’ha spiegato). Messa alla porta la Fracci a fine luglio, al rientro dopo l’estate
i due terzi della stagione autunnale da lei programmata sono stati
semplicemente cancellati. Orbene, dopo mesi di tira e molla, nel corso di un’affollata conferenza stampa, Muti ha infine annunciato che a Roma come direttore musicale non sarebbe venuto mai. Si è però mostrato compiaciuto del fatto che in ogni settore del teatro fossero state nominate persone adeguate, evidentemente di sua fiducia. E ha espresso il suo compiacimento anche per il fatto che alla direzione del ballo fosse stata – nel frattempo – nominata una persona che godeva della sua fiducia:
Micha van Hoecke. Fiducia che egli non accordava, par di capire,
alla Fracci. Van Hoecke, belga, sessantasei anni al momento della nomina, già danzatore nel “Ballet du XXème Siècle” creato a Bruxelles
da Maurice Béjart e poi direttore della scuola Mudra, creatadallo stesso Béjart nella capitale belga, non aveva, lo ricordiamo, precedenti esperienze alla guida di una compagnia di balletto come quella dell’Opera. Ma aveva la fiducia di Muti. E Muti è uomo d’onore. Alla presentazione della stagione 2010-2011, la prima cosa a balzare all’occhio era la drastica riduzione del numero degli spettacoli di balletto in cartellone: 48(comprendendo anche quelli degli allievi della scuola di danza):
circa la metà rispetto a quelli programmati l’anno prima. E come l’anno prima ci son poi stati ulteriori tagli: ai giovani allievi della scuola – puntigliosamente preparatisi per sostenere otto recite di un loro Don Chisciotte – si è impedito di andare in scena a pochi giorni dal debutto, nonostante le centinaia di biglietti già venduti ai ragazzi delle scuole di Roma. Con che effetto educativo, si può facilmente immaginare:
quale insegnamento a proposito del mantenere la parola data? Al
lettore le conclusioni. Ma le delusioni e le assurdità della stagione 2010/2011, annunciata come “una grande svolta” dal sovrintendente e come l’avvio “di un cammino preciso” dal direttore artistico, sono state molteplici: il Lago dei cigni, programmato in una nuova versione
di Attilio Labis, è poi andato in scena nella “solita” versione Galina Samsova, voluta dalla Fracci a suo tempo. Tre nuove creazioni” sono state annunciate per la compagnia – di Virgilio Sieni, Shen Wei e
Lindsay Kemp (con evidente gusto per i forti contrasti) – ma Shen
Wei è poi svanito. E al posto deltrittico originario è stata presentata un’unica novità, di Sieni, e due adattamenti di lavori precedenti:
uno della coppia Abbondanza Bertoni e uno, effettivamente,
di Kemp.Il metodo dei cambi “last minute” è diventato
una costante:in ottobre, per la prima rappresentazioneassoluta a Roma de La Bayadère – finalmente una buona idea – l’annunciata versione di Natalia Makarova (che non trova tutti d’accordo quanto a meriti intrinseci, ma almeno è una versione precisa, e nota) è saltata. Al suo posto una versione sconosciuta, di un coreografo altrettanto sconosciuto, Rafael Avnikjan, proveniente dall’Est.
Ultimo atto di questa deprimente saga Lo Schiaccianoci: prima tappa
della prossima stagione (sulla quale già circolano ipotesi da brivido). Pubblicizzata – fin dalla conferenza stampa di presentazione dell’intera stagione 2011- 2012, in ottobre – come una coreografia di Slawa Mukhamedov (altro Carneade del balletto tirato fuori dal cilindro dello sconfinato Est europeo) da Marius Petipa (all’Opera ignorano che la coreografia è attribuita a Lev Ivanov?), la versione si è poi rivelata un (modesto) adattamento di quella creata nel 1934 da Vassili Vainonen per l’allora “Balletto Sovietico”, poco dopo ribattezzato “Balletto del Teatro
Kirov di Leningrado”. Mukhamedow, interpellato, ha confermato che si trattava della versione di Vainonen, sottolineando di avere specificato fin da principio che avrebbe rimontato quella, con i necessari adattamenti. Sovrintendente, direttore artistico,
direttore del ballo – inseguiti per quarantott’ore, all’indomani del debutto – non hanno rilasciato dichiarazioni. Forse non avevano davvero niente da dire.
Donatella Bertozzi
[Modificato da ailux 08/02/2012 15:07]
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